mercoledì 18 novembre 2015

» Una macchina

» Le macchine inutili

B. Munari

Le Macchine Inutili costituiscono il lavoro con il quale Munari esordisce nel panorama futurista milanese degli anni trenta; l'artista propone, per la sua particolare idea di astrattismo fluttuante nello spazio, un nome paradossale volto a far riflettere, attraverso la sintesi dell'ossimoro, sull'inutilità di ciò che è utile (la macchina) e sull'utilità di ciò che è inutile (l'arte). Munari crea quindi delle "macchine" da appendere al soffitto composte da elementi di materiali leggerissimi (balsa, cartoncino colorato, vetro soffiato, fili d'acciaio) liberi di muoversi nello spazio senza vincoli tra loro.
La Macchina Inutile cerca, attraverso il dinamismo, di suscitare nel fruitore la percezione di una forma instabile, o meglio, imprecisa.

» Un cibo

» Le polpette


Le polpette possono essere inserite nel contesto dei "cibi imprecisi" essendo una di quelle pietanze create a seconda del materiale a disposizione. Possono essere sempre diverse e allo stesso tempo sempre buone. Il loro impasto permette di utilizzare i più svariati cibi rimasti inutilizzati nel frigo creando combinazioni sempre nuove e differenti, può essere cotta in padella, aggiunta al sugo o fritta. Non segue mai un procedimento preciso; è il lato "gustoso" dell'imprecisione culinaria!

mercoledì 11 novembre 2015

» Una favola


"Oh! Un giorno di più che vuoi che mi importi! Posso ancora covare per un po' - Rispose l'anatra ben decisa. - Tu sei la più testarda che io conosca! - Borbottò allora la vecchia anatra allontanandosi.

Finalmente il grosso uovo si aprì e lascio uscire un grande anatroccolo brutto e tutto grigio.
- Sarà un tacchino! - Si preoccupò l'anatra. - Bah! Lo saprò domani!
Il giorno seguente, infatti, l'anatra portò la sua piccola famiglia ad un vicino ruscello e saltò nell'acqua: gli anatroccoli la seguirono tutti, compreso quello brutto e grigio.
- Mi sento già più sollevata, - sospirò l'anatra, - almeno non è un tacchino! Ora, venite piccini, vi presenterò ai vostri cugini.
La piccola comitiva camminò faticosamente fino al laghetto e gli anatroccoli salutarono le altre anatre.
- Oh! Guardate, i nuovi venuti! Come se non fossimo già numerosi!… e questo anatroccolo grigio non lo vogliamo! - Disse una grossa anatra, morsicando il poverino sul collo.
- Non fategli male! - Gridò la mamma anatra furiosa
- E' così grande e brutto che viene voglia di maltrattarlo! - Aggiunse la grossa anitra con tono beffardo.
- E' un vero peccato che sia così sgraziato, gli altri sono tutti adorabili, - rincarò la vecchia anitra che era andata a vedere la covata.
- non sarà bello adesso, può darsi però che, crescendo , cambi; e poi ha un buon carattere e nuota meglio dei suoi fratelli, - assicurò mamma anatra, - la bellezza, per un maschio, non ha importanza, - concluse, e lo accarezzò con il becco - andate, piccoli miei, divertitevi e nuotate bene!"

- H. C. Andersen

martedì 3 novembre 2015

» Un personaggio

Come personaggio che abbia avuto a che fare con l'imprecisione ho scelto Andy Warhol.
Ritengo possa rientrare nella categoria sia per la sua eccentricità quotidiana in qualche modo, sia per la forma d'espressione artistica più famosa a lui associata: la serigrafia.
La serigrafia è una tecnica di stampa di tipo permeografico caratterizzata da un'imprecisione che la rende unica; il colore è spesso leggermente spostato, non perfettamente coincidente con il bordo del disegno. Di questa particolarità, Warhol, ne ha fatto la sua forza espressiva.



» Comunicare l'imprecisione

            Spot Fiat 500 di Antony Hoffman

» Letteratura del mondo antico


Come esempio di presenza letteraria antica dell'imprecisione ho scelto non un personaggio definito o un'opera ma una tipologia di metrica greca e latina: il piede spondeo.
Il verso spondeo rappresenta nella metrica classica l'unione di due sillabe lunghe (— —), tuttavia esso, benché regolare, non ha un ritmo proprio definito e risulta all'orecchio, appunto, impreciso.


Opuscoli di Plutarco volgarizzati da Marcello Adriani

» Luogo

» Le cinque terre


Ho scelto come luogo rappresentativo il frastagliato tratto costiero delle cinque terre, sia per l'aspetto "impreciso" della costa sia per l'arroccato cumulo di casette che esprimono alla perfezione la sensazione di un qualcosa di impreciso ma, allo stesso tempo, magico e bellissimo.




» Lirica

Come lirica rappresentante l'imprecisione ho scelto il poemetto Re Orso di Arrigo Boito, esponente della scapigliatura, che utilizza per la stesura della lirica il polimetro .


Allego solo un estratto del poemetto poiché troppo lungo, qui il link per leggerlo in versione integrale.


ORSO VIVO

STORIE ANTICHE

Prima che al mondo si dicesse 1000,
Viveva in Creta un Re. La maledetta
Per l'amor di Pasife isola infame,
Terra di mostri e di delitti, aveva
Re pari ad essa, ed era il Re nel nome
Feroce a dirsi, al suo cuor pari: Orso.
Cento cittadi gli rendean tributo
D'oro, di gloria e di paura; il mare
Di perle e di tempeste; il montuoso
Suol del suo regno di smeraldi, e murra
E d'a quei diamanti e di tremuoti.
Sul real scudo si leggeva in cifre
Scritte col sangue, ch'ei chiamava il vino
Delle battaglie, questo truce motto:
"Terroris terror", ed un orso d'oro
In campo ner lo stemma era del Duca.
Un serraglio di belve ed un di donne
Nudrìa nella sua reggia, ed ei nell'uno
Passava i giorni, nell'altro le notti.
Alle iene venia col crin spruzzato
D'olio di nardo e co' lascivi odori
Del suo letto d'avorio, ed alle donne
Redìa col leppo delle sozze iene,
E lordo il volto pe' sanguigni baci
Delle leonesse. Un avoltor di Libia
Chiercuto e fier, solea spesso sul palmo
Posarsi del monarca; egli era destro
A rapina d'agnelle e di palombe
Per bieca natura, e dagli schiavi
Educato a furar ori ed argenti
Per sollazzo del Duca. A sir Drogonte
Conte di Puglia egli ebbe un dì spiccato
Col rostro adunco la più bella gemma
Di sua corona, onde ne fu conflitto
Fra i due Signori. Ma più pauroso
Alla vista e maligno era un serpente
Immane e gonfio e negro e simigliante
Nel viscoso strisciar alla gomena
Incatramata; sull'aguto grifo
Portava un segno qual di teschio umano.
Alla voce del Duca egli tendeva
Erte le anella ed ubbidiva come
Debil fanciullo. Misteri di sangue
E di violenza infami eran fra 'l Duca
Ed il serpente; guardiano al varco
Del gineceo vegliava il mostro attorto
Co' groppi orrendi, né schiava mai
Tentò passo di fuga in quelle stanze.

Dodici Conti aveva il Duca eletti
A suoi ministri, e legge era di Stato
Che in sua presenza ei ripetesser muti
Ciò ch'ei compiva. Un dì bevendo a cena,
Ebro il Duca, ebri i Conti (avea ciascuno
La sua donna da lato) il Duca afferra
Mosso da noia o da delirio, il crine
Di Mirra sua, soave amor, fanciulla
Giovanissima e bella, e col pugnale
Ne schianta la testa; allor d'un colpo
Dodici teste rotolâr sul desco.
Pur nel dimane sentì cruccio il Duca
Del tetro caso e la sua bruna Mirra
Pensò e l'azzurra delle sue pupille
Onda serena, e l'oriental scienza
Delle sue carni or non più calde; e scrisse
Per Vitale Candian Doge a Venezia
E suo congiunto, un famigliar preghiero
Ove chiedea la più formosa donna
Delle lagune e la più casta. Il Doge
Trovò la Dea da un usurier sul lido
Della Giudecca, che vendea per oro
Le figlie sue; poi su galèa dogale
La mandò regalmente a quel di Creta.

» Francobollo

Jackson Pollock - Espressionismo astratto